Vivere nel casino Slovenia

Quando lo racconto in giro la gente mi guarda meravigliata, alle volte incredula, spesso invidiosa del fatto che da bambina ho vissuto in un casino. Certo io ho dei bei ricordi della mia infanzia, ma l’invidia mi sembra eccessiva… per un bambino il luogo giusto per crescere è una casa piena di amore, un tetto condiviso solo con i propri familiari. Ma ogni persona ha la sua storia, siamo tutti diversi e abbiamo passati unici, alle volte straordinari, alle volte semplicemente bizzarri. Ecco, trovo che la parola giusta per definire la mia infanzia sia proprio “bizzarra”.

Mia madre morì quando avevo solo due anni. Era in viaggio in autobus dal lavoro verso l’asilo, stava venendo a prendermi, ma l’autobus fu coinvolto in un terribile incidente nel quale persero la vita più di dieci persone, tra cui mia madre. Avevo atteso a lungo il suo arrivo quel giorno, finchè era apparso mio zio che mi aveva portato a casa in un silenzio funebre. Fu solo molti mesi dopo che mio padre, finalmente, ebbe la forza di raccontarmi cosa era successo. Ero piccola, di certo il trauma l’avevo subito, ma non potevo comprendere in modo obiettivo quello che era successo, non avevo nozione di vita e morte, sapevo solo che la mamma non era lì e che io la volevo, e ci piangevo la notte. All’asilo non ci volevo più andare, essendo l’ultimo posto dove l’avevo vista. E non volevo stare con i nonni, volevo solo mio padre. Il pover’uomo, però, doveva andare al lavoro, al casino Slovenia per l’appunto. Era il manager del casino Slovenia da vari anni, una posizione che gli lasciava una certa libertà di manovra, per fortuna, e quindi decise di portarmi con sé, come soluzione temporanea. Solo che, il tempo passava, ed io continuavo a non voler stare in nessun altro posto se non il casino Slovenia. Era un posto completamente nuovo per me, e quindi neutro, non c’erano ricordi dolorosi. Inoltre, essendo io l’unica bambina, avevo l’attenzione di tutti i dipendenti di mio padre che amavano e rispettavano lui e che si erano molto velocemente affezionati a me. Il cuoco era il mio preferito, era un giovane ragazzo dolcissimo che mi preparava un sacco di delizie e mi permetteva di aiutarlo, ma c’erano tanti altri a cui volevo bene. Era un po’ come vivere in una comune, in una famiglia allargata. Dopo due mesi in cui passavo tutto il giorno al casino Slovenia, mio padre decise che a casa non ci voleva più tornare, la voleva vendere per trovare un posto nuovo per noi due. Nel frattempo, decise, avremmo dormito in una delle suite del casino. Fu così che, per un anno e mezzo, finii con il vivere al casino Slovenia. Quel periodo, e quel posto aiutarono me e mio padre a guarire dal dolore per la perdita di mia madre. A qualcuno potrebbe sembrare una scelta sconsiderata da parte di mio padre, ma la verità è che non fui mai esposta al gioco d’azzardo, o a scene non adatte ad una bambina piccola. Al contrario, ero sempre circondata da persone che mi volevano bene, e per tutto il tempo lì non mi sono mai sentita sola, o triste.